Articoli con tag Opera e Cinema

Dolci suoni

Un post dedicato a tutti quelli che pensano che l’opera sia vecchia, poco attuale e poco in linea con i nostri tempi. Per il suo film del 1997 Le cinquième élément (Il quinto elemento) Luc Besson fa cantare al personaggio di Lady Plavalaguna un frammento della celebre Lucia di Lammermoor donizettiana. La voce è quella del soprano albanese Inva Mula. L’opera e il cinema, a volte, possono anche andare d’accordo.

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“C’era il signor Mozart a tenermi compagnia”

Una delle scene più emozionanti dal film The Shawshank Redemption (Le ali della libertà) di Frank Darabont con Tim Robbins e Morgan Freeman.

I have no idea to this day what those two Italian ladies were singing about. Truth is, I don’t wanna know. Some things are best left unsaid. I’d like to think they were singing about something so beautiful it can’t be expressed in words, and it makes your heart ache because of it. I tell you those voices soared, higher and farther than anybody in a grey place dares to dream. It was like some beautiful bird flapped into our drab little cage and made these walls dissolve away, and for the briefest of moments, every last man in Shawshank felt free.

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Tamino alla guerra

Ogni genere artistico ha delle regole ben precise, violando le quali rischia di essere snaturato nella sua essenza più profonda. L’opera lirica nasce e vive, innanzitutto, a teatro e nello spazio teatrale trova la sua ragion d’essere: trasferire un’opera lirica al cinema per farne un film può condurre a uno spiacevole effetto boomerang, ovvero scontentare i melomani e al tempo stesso annoiare i cinefili. Di fatto quasi tutte le trasposizioni cinematografiche di celebri opere liriche si sono risolte in un nulla di fatto per una serie di problemi squisitamente pratici, tra cui spicca quello del tempo. L’opera vive di tempi lenti e riflessivi, spesso incompatibili (anche nel caso delle opere più vivaci e drammaturgicamente brillanti) con il dinamismo richiesto al linguaggio cinematografico. Ne sa qualcosa Franco Zeffirelli, che ha girato ben due film-opera (La traviata e Otello) i quali, al di là del risultato artistico (discreto nel primo caso, discutibile nel secondo), sono stati accumunati da inaccettabili rimaneggiamenti delle partiture verdiane per “adattarle” al linguaggio cinematografico. Si tratta, mutatis mutandis, dello stesso problema in cui è incorsa la recente trasmissione televisiva “Mettiamoci all’opera”: le arie liriche sono state sminuzzate per essere adattate ai “tempi” televisivi (ancora più rapidi di quelli cinematografici) e gli artisti costretti a esibirsi anche in brani leggeri riadattati. Quello che ne esce non scontenta il melomane perché il melomane “è snob” (come amano dire certe anime candide), ma perché (molto semplicemente) non è opera, ma un qualcosa di diverso da ciò che dovrebbe essere un’opera lirica.

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Il Compleanno di Tristano (e Isotta)

Il rapporto tra opera e cinema è strano. In quanto genere per sua natura (si canta anziché parlare) privo di realismo, il teatro lirico appare incompatibile, per tempi drammatici ed espressività, con il dinamismo richiesto dal mezzo cinematografico, a dispetto degli evidenti debiti con il melodramma che, soprattutto nei suoi primi anni di vita, il cinema ha contratto. Per aprire questa nuova categoria del blog, dedicata ai rapporti tra opera e cinema, non ho scelto una delle molte trasposizioni cinematografiche (alcune riuscite, altre meno) di opere liriche ma un film più particolare, scoperto per caso grazie allo spirito di iniziativa di un’amica che ha ben pensato di propormene la visione dopo essere stata costretta dal sottoscritto a un barbaro lungo pomeriggio di ascolti wagneriani.
Il Compleanno di Marco Filiberti (2009), difatti, è un film profondamente permeato dalla musica e, in parte, dall’estetica wagneriana e proprio per questo motivo il previsto contrappasso (il film è bello, ma la tematica è indubbiamente pesante e la visione lascia una discreta tensione addosso) ha portato alla scoperta di un prodotto interessante e persuasivo, peraltro in parte girato a Jesi con il contributo della Fondazione Pergolesi Spontini. Spulciando in rete ho trovato molte recensioni al film, molte assolutamente negative e, almeno secondo il modesto punto di vista di un melomane che non ha le competenze per essere anche un critico cinematografico, anche ingiuste, perché non mi pare che si sia tenuto conto dell’estrema importanza che Wagner (e il Wagner di Tristan und Isolde) ha nella gestione dell’atmosfera generale del film. Questi brevi note, quindi, non vogliono essere una recensione del film e non ne hanno la pretesa, ma semplicemente vogliono essere una riflessione “a margine” sui rapporti con Wagner che trovo assolutamente evidenti nella regia e nella sceneggiatura di Filiberti.

Attenzione SPOILER: continuando a leggere verrà svelata la trama del film

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