Articoli con tag Rosa dei Venti

Rosa dei Venti – 4 – Il Corsaro di Giuseppe Verdi

Una serie di opere unite da un comune denominatore: la presenza del mare, come via di fuga, ma anche come espressione dell’anelito all’infinito che è tratto caratterizzante di buona parte della poetica romantica. Eroi maledetti, pirati e corsari ma anche terre lontane ed esotiche sono al centro delle quattro opere di cui si compone il ciclo Rosa dei Venti. Clicca sul banner qui sopra o nella colonna per leggere tutti gli articoli del ciclo.

Rispetto all’omonima opera di Pacini Il Corsaro di Giuseppe Verdi ha avuto un destino lievemente più fortunato: anche in questo caso il debutto è stato caraterizzato da un esito francamente deludente, ma la popolarità dell’autore ha fatto sì che, a partire dal secondo dopoguerra, la storia di Corrado, Medora e Gulnara potesse essere ripresa in molti palcoscenici, fino a raggiungere una discreta popolarità, almeno per quel che riguarda alcuni brani (come la romanza di Medora “Non so le tetre immagini”). Vero è che all’interno della bistrattata produzione degli anni di galera Il Corsaro ha sempre fatto la parte della cenerentola ricoperta di cenere, escluso anche dalle imponenti celebrazioni del 1951 che portarono alla registrazione della quasi totalità delle opere verdiane. Sull’opera ha pesato molto il giudizio estremamente negativo datone da Verdi stesso, oltre che il fiasco della prima, avvenuta a Trieste (e non venne seguita dal compositore in loco) con la conseguente limitata diffusione del lavoro nel corso del XIX secolo: Marcello Conati individua una ventina di produzioni dal debutto al Teatro Grande del 1848 alle recite del 1864 al S. João di Oporto, dopo le quali bisognerà attendere le recite in forma di concerto nel cortile del Palazzo Ducale di Venezia del 1963 (con Virginia Denotaristefani, Maria Battinelli, Aldo Bottion e Silvano Carroli diretti da Piotr Wollny), quelle del 1966 a St. Pancras di Londra con Pauline Tinsley e, soprattutto, l’allestimento veneziano del 1971 segnalato anche nella rubrica discografica a fine post.

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Rosa dei Venti – 3 – Il furioso all’isola di San Domingo di Gaetano Donizetti

Una serie di opere unite da un comune denominatore: la presenza del mare, come via di fuga, ma anche come espressione dell’anelito all’infinito che è tratto caratterizzante di buona parte della poetica romantica. Eroi maledetti, pirati e corsari ma anche terre lontane ed esotiche sono al centro delle quattro opere di cui si compone il ciclo Rosa dei Venti. Clicca sul banner qui sopra o nella colonna per leggere tutti gli articoli del ciclo.

L’opera semiseria è un genere strano e affascinante: “disorientante” la definì Jeremy Commons e, in effetti, non si può che rimanere spesso disorientati dalla strana disinvoltura con cui, in melodrammi come Linda di Chamounix di Donizetti o La gazza ladra di Rossini (sicuramente tra le opere semiserie più celebri) elementi seri e drammatici convivano tranquillamente accanto a spunti comici e brillanti. Derivata dal genere francese dell’opéra-comique, l’opera semiseria italiana rappresentò sotto molti punti di vista l’attenzione e l’interesse nei confronti di una rappresentazione improntata a maggiore realismo nei personaggi (spesso umili e/o comunque non nobili) e nei sentimenti, sviluppando quello stile, appunto, “sentimentale”, ma a lieto fine, che portò ad esempio al successo un’opera come la Nina, o sia la pazza per amore di Paisiello. L’opera seria, infatti, non poteva accogliere la natura realistica e quotidiana di personaggi che apparivano decisamente lontani dagli eroi tragici e aulici di cui si nutriva: l’obiettivo, ambizioso, dell’opera semiseria era dunque quello di rappresentare una sorta di via mediana tra l’opera seria e l’opera buffa, cercando di suscitare emozione e commozione nel pubblico educandolo, al tempo stesso, ai sentimenti più puri e nobili. Per queste ragioni al centro delle opere semiserie c’erano spesso donne sedotte e abbandonate (ma destinate a un lieto fine riparatore) e, quando si toccavano alcuni problemi sociali potenzialmente scottanti, vi era sempre l’attenzione a che questi servissero a scuotere le emozioni del pubblico in vicende ad alto tasso di moralismo: decisamente improbabile l’immagine di librettisti e compositori talmente attenti alla lotta di classe da comporre opere di denuncia.

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Rosa dei Venti – 2 – Il Corsaro di Giovanni Pacini (e Lord Byron)

Una serie di opere unite da un comune denominatore: la presenza del mare, come via di fuga, ma anche come espressione dell’anelito all’infinito che è tratto caratterizzante di buona parte della poetica romantica. Eroi maledetti, pirati e corsari ma anche terre lontane ed esotiche sono al centro delle quattro opere di cui si compone il ciclo Rosa dei Venti. Clicca sul banner qui sopra o nella colonna per leggere tutti gli articoli del ciclo.

Negli anni che andarono dalla fine del XVIII secolo all’inizio del XIX si diffuse, in tutta Europa, un movimento filoellenista che, partendo da basi culturali (gli scritti artistici di Johann Joachim Winckelmann, ad esempio) assunse una forma sempre più chiara di simbolica rivendicazione politica: la Grecia, culla del sapere e della civiltà, doveva essere liberata dal giogo dell’Impero Ottomano e riacquisire una sua indipendenza, cosa che effettivamente avvenne nel 1832, quando la Convenzione di Londra riconobbe l’autonomia dello stato greco dopo una decennale Guerra d’Indipendenza durata dal 1821 al 1829 e vinta grazie al fondamentale aiuto economico e militare delle grandi potenze europee. Furono, quelli, anni di fervente filoellenismo, tanto nella produzione artistica che nella vita di intellettuali e scrittori, molti dei quali cercarono (e, in molti casi, trovarono) la morte proprio combattendo a fianco dei patrioti greci nella lotta di liberazione della loro terra. Il più famoso di loro è forse Lord Byron che, con il suo romanzo in distici decasillibi The Corsair (1814), aveva già fornito alla causa greca un importante contributo ideologico, narrando le vicende di un pirata in lotta contro la dominazione musulmana.

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Rosa dei Venti – 1 – Il Pirata di Vincenzo Bellini

Una serie di opere unite da un comune denominatore: la presenza del mare, come via di fuga, ma anche come espressione dell’anelito all’infinito che è tratto caratterizzante di buona parte della poetica romantica. Eroi maledetti, pirati e corsari ma anche terre lontane ed esotiche sono al centro delle quattro opere di cui si compone il ciclo Rosa dei Venti. Clicca sul banner qui sopra o nella colonna per leggere tutti gli articoli del ciclo.

Non sono, in fondo, molte le opere che, al pari del belliniano Pirata, possono vantare lo status di testo mitico così come di prima opera, sotto molti aspetti, autenticamente romantica nella letteratura musicale italiana e, al tempo stesso, melodramma in grado di creare un vero e proprio archetipo, quello dell’ eroe-tenore bello di sventura e destinato, ovviamente, a fine tragica. Non che il soprano, ovviamente del tenore amante, abbia una fine migliore, dato che le spetta una lunga e composita scena di pazzia che si rivela come la prima di una lunga serie di follie romantiche che attraverseranno tutto il XIX secolo. Il destino tragico di Imogene e di Gualtiero (questi i nomi dei protagonisti del Pirata) si esprime in un’opera e in un’atmosfera che, sotto molti punti di vista, lo stesso Bellini non ricercherà più: come negare il clima romantico dei Capuleti ed i Montecchi? Eppure la presenza di un contralto “en travesti” nei panni dell’eroe amoroso obbedisce a canoni diversi da quelli del realismo dei sentimenti tipico dell’idea romantica. Come negare le suggestioni dei Puritani, l’estremo capolavoro scritto per Parigi? Eppure il dichiarato modello belliniano di molte scene, tra cui quella centrale della pazzia di Elvira, fu la Nina, o sia la pazza per amore di Giovanni Paisiello, senza contare il romanticismo alquanto sui generis della Norma. Questo non significa che, dopo l’exploit del Pirata, Bellini si richiuda in uno sguardo all’indietro rinunciando alla conquista di un mondo di passioni che, al contrario, esplorerà Donizetti: Bellini è un romantico sotto molteplici punti di vista, ma un romantico alla maniera di Leopardi (cui tante – troppe? – volte è stato paragonato) e capirà, dopo l’exploit di questo Pirata, che non sarebbe stata la strada delle passioni esacerbate quella in grado di esprimere al meglio la sua sensibilità (lo dimostra La Straniera, peraltro opera assai affascinante, ma certamente meno riuscita). Il Pirata, per certi versi, si pone dunque come una sorta di unicum alquanto peculiare all’interno della produzione del catanese.

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Upcoming

A breve su queste pagine un nuovo ciclo di melodrammi, stavolta dedicato ai lavori di ambientazione marinara o piratesca, tutti ovviamente appartenenti alla fertile stagione operistica italiana del XIX secolo.

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